Quando eravamo femmine by Costanza Miriano

Quando eravamo femmine by Costanza Miriano

autore:Costanza Miriano [Miriano, Costanza]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 3f8f266ad95363ff146caabfc250e569e56131e9
editore: Sonzogno
pubblicato: 2016-02-02T23:00:00+00:00


6

Del desiderio

ovvero

“Catholics do it better”

Care bambine mie,

prima di tutto devo dirvi una cosa che non c’entra col resto della lettera, però poi magari mi dimentico, ed è veramente importante. È una triste verità, ma una madre non deve nascondere ai propri figli i lati più aspri dell’esistenza.

Scrivere fa ingrassare. Scrivere libri, dico. La prova è quello che succede quando decido di dedicarmi alla scrittura, cioè nel primo momento di silenzio e solitudine della giornata, che generalmente si presenterà dopo le dieci di sera, spenta l’ultima luce delle vostre camere, sbattuto l’ultimo mignolo del piede su 1001 cose della Roma che dovresti sapere (volume sempre in agguato per terra negli angoli più bui della casa), assistito all’ultima conversazione surreale tra i fratelli («Hai dei problemi emotivi? No, dico, a parte il pacifismo»), e all’ultima puntigliosa discussione fra di voi («Hai invaso il mio spazio coi capelli.» «No, quelli non valgono: nella realtà siamo tutti pelati»). Quello che succede è che tiro fuori il computer, dispongo in ordine i libri, estraggo diligentemente gli appunti, i quadernetti, la giacca della Casa Bianca imbottita di pelliccia, quella anche ad agosto, la stufetta (finché il babbo non la fa sparire dalla circolazione dopo il mese di maggio), mi siedo, e istantaneamente mi addormento. Quando mi sveglio nel cuore della notte, con il chotki che porto al polso stampato sulla guancia destra e lo sterno dolorante – dormire riversi sul tavolo non è la posizione più consigliata dall’Associazione nazionale fisioterapisti – l’ultima cosa che vorrei fare è cercare di produrre pensieri intelligenti e metterli in parole scritte. Così in realtà la prima cosa che faccio è andare in cucina a chiedere alla mia generosa e prolifica Musa, la credenza lilla e rossa, un piccolo incoraggiamento. La prima ora di lavoro consisterà nel fissare il vuoto ingerendo rapidamente l’ammontare di calorie necessario alla scalata dell’Annapurna in solitaria. La seconda, nell’urgentissima consultazione di caselle postali, blog (mio e altri), bacheche Facebook di amici, cugini di terzo grado, sconosciuti. Pure il profilo della pizzeria dove vostro fratello compra la merenda diventa una priorità quando l’alternativa è: scrivere. Poi lentamente parto. Assonnata, ingrassata, stropicciata.

Ecco, vediamo se ora, grazie all’apporto di cracker, formaggio, fichi secchi e cioccolata – la dieta perfetta per la prova bikini –, riesco a dirvi quello che ho in mente, che non è esattamente un argomento facile da affrontare con le proprie figlie. Ma è davvero il cuore pulsante della questione. Vi ricordate quando tu, Lavinia, hai detto «mi sono fatta male allo sguardo»? Ci ho messo un po’ a tradurre dal laviniese, antica lingua iniziatica, all’italiano. Ho capito solo dopo un po’ che intendevi dire che ti eri impressionata da star male, vedendo tua sorella cadere (d’altra parte in famiglia si ha talento: abbiamo diversi campioni mondiali di caduta da fermo, perché a inciampare in una scarpa lasciata in mezzo al corridoio sono buoni tutti, ma cadere dalla poltrona di un treno immobile è qualcosa che sfida tutte le leggi della fisica, compresa la gravità. Sono anni di allenamento).



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